ARBËRIA
Arbëria è la denominazione dell’insieme delle aree geografiche dell’Italia meridionale alla quale appartiene la minoranza etnico-linguistica degli arbëreshë. Gli arbëreshë sono originari dell’Albania e della Grecia, giunti in Calabria tra il XV ed il XVIII secolo, per sfuggire all’invasione ottomana delle loro terre d’origine. L'emigrazione albanese in Italia è avvenuta in un arco di tempo che abbraccia circa tre secoli, dalla metà del XV secolo alla metà del secolo XVIII. Questa emigrazione si compì a varie ondate, anche se la maggior parte delle colonie albanesi furono fondate dopo il 1468, anno della morte dell' eroe nazionale, Giorgio Castriota Scanderbeg. La migrazione continuò a più riprese nel corso dei secoli successivi, fino al 1744. Oggi le comunità sono presenti in 50 isole etno-linguistiche e 48 località tra comuni e frazioni localizzate in sette regioni: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia.
LA SINOSSI
Aida Greco è una sarta che ha imparato questo mestiere da suo padre.
La donna vive in una grande città, dove ha aperto un atelier di moda, anche se è originaria di un villaggio ai piedi del Pollino, al confine tra Calabria e Basilicata, dove sono mantenute in vita le tradizioni e la lingua di una minoranza, quella degli Arbëreshë.
Quando Aida deve tornare a casa della sua famiglia, per commemorare la morte del padre, rivive alcuni conflitti con il fratello Ascanio.
Inoltre, nelle sue visioni ad occhi aperti e nei suoi incubi notturni, la donna si ricorda del sentimento di vergogna che ha provato per la sua appartenenza a questa minoranza.
Durante questo soggiorno rivede sua nipote, Lucia, una ventenne audace e fiera delle sue origini. Tra le due donne nasce una solidarietà, fatta di confessioni intime e di un’ironia comune.
Aida riscopre così, la sua appartenenza a questo popolo, accogliendo quella vergogna e trasformandola in qualcosa che forse può aiutarla a capire se stessa. Quando fa ritorno nella sua città, la donna ha la giusta distanza per analizzare tutte le emozioni che ha provato durante il suo viaggio in Arbëria.
Un anno dopo ritorna al villaggio di famiglia, per celebrare le nozze di Lucia. I sentimenti soffocati della donna, si trasformano però, in una serie di incubi che coinvolgono il destino di quel villaggio di montagna e il suo legame con la sua terra.
REGIA
Nata a Tortona, in Piemonte, nel 1982, Francesca Olivieri realizza le sue prime immagini in movimento all'età di sedici anni, con il cortometraggio L'Ascensore, selezionato e proiettato al Film Festival di Torino nello spazio dedicato ai giovani talenti.
Nel 2005, frequenta uno stage con l'equipe del documentarista Daniele Segre. In questa occasione realizza il clip di apertura del magazine del festival di Bellaria. L'incontro con il regista Michelangelo Frammartino è cruciale nella sua formazione cinematografica: all'epoca lui è autore del lungometraggio Il dono, mentre la Olivieri realizza il suo cortometraggio Lutin. Tra il 2007 e il 2009, lavora alla Cineteca di Milano come operatrice di ripresa per gli archivi audiovisivi e in occasione del Festival di videoarte "Invideo" ha modo di confrontarsi - tra gli altri - con Michel Chion e Robert Cahen. A Bologna, segue un corso per tecnici di cinema e teatro al Teatro Aldini Valeriani ed in seguito lavora con la società Itc Movie come aiuto regista.
Termina il suo percorso universitario di Laurea specialistica in Discipline Semiotiche con un’Analisi del discorso politico del film Buongiorno, notte di Marco Bellocchio. Il regista è personalmente coinvolto nel lavoro perché vi partecipa attraverso una conversazione filmata, diventata il testo di introduzione della tesi stessa.
Frequenta, quindi, la scuola di cinema dello stesso autore, "Fare cinema", e in questa esperienza lavora come aiuto regista per il cortometraggio La tela diretto da Sergio Rubini. Viene ammessa alla scuola di sceneggiatura di Marco Bellocchio, "Scrivere cinema", diretta da Doriana Leondeff, Valia Santella, Gloria Malatesta e Heidrun Schleef.
In Francia, infine, si forma con Jean Marie Omont come aiuto regista. Lì ha l'occasione di lavorare per alcune produzioni del gruppo Zodiak Media et France Télévision, Les Films d’Ici2, La petite Reine, Les Films de l'Avallée, Nereo Films, Agat Film e per l'agenzia creativa REMU.
Arbëria è la sua opera prima.
IL CAST
Il cast di Arbëria rappresenta il risultato di un’accurata selezione operata non solo sulle qualità artistiche degli interpreti, ma anche sull’appartenenza al territorio, la conoscenza dello stesso e la capacità di rappresentarne le atmosfere, le suggestioni, l’essenza.
Aida è interpretata da Caterina Misasi, già nota al grande pubblico grazie alle fortunate serie televisive Un medico in famiglia, I Cesaroni, Vivere, Don Matteo.
Nel cast figurano, inoltre, la giovane attrice italo-albanese Brixhilda Shqalsi, la cantautrice arbëreshë Anna Stratigò, gli attori calabresi Carmelo Giordano e Mario Scerbo e gli interpreti lucani Fabio Pappacena e Antonio Andrisani.
Da sottolineare anche la partecipazione straordinaria della giovanissima e talentosa attrice Denise Sapia.
LA CREW
Fotografia: Mario Parruccini
Montaggio: Fabio Nunziata
Musiche: Luigi Porto
Scenografia: Federica Bologna
Costumi: Giuseppe Ricciardi
Trucco: Marinella Giorni
Assistente di produzione: Andrea Solano
Produttori esecutivi: Fabrizio Nucci, Nicola Rovito
Prodotto in collaborazione con: Lucana Film Commission, Calabria Film Commission, MiBACT/SIAE, Echoes, BCC Mediocrati
Distribuito da: LAGO Film
Genere: Drammatico
Anno: 2019
Durata: 80min
NOTE DELL'AUTRICE
«La storia di Aida Greco è parzialmente ispirata alle vicende personali di alcune donne della mia famiglia.
Il soggetto filmico è evidentemente personale, sono a mia volta una giovane donna migrata e spero quindi che questa storia di generosità umana possa interessare un pubblico disperso culturalmente.
In una società complessa, frammentata, come quella nella quale viviamo, l’eredità di una cultura con un forte senso di appartenenza identitaria è un bene prezioso.
La narrazione si sviluppa su un piano della realtà e un piano onirico che comunicano incessantemente, e dove i ricordi della protagonista non sono elementi di ricostruzione cronologica degli eventi, bensì suggestioni visive che raccontano il mistero dei luoghi della storia.
L’intrigo è quello di una commedia drammatica, così come il tono ed il colore dei personaggi.
L’impianto stilistico, però, è simile a quello del documentario creativo, utile per esplorare la libertà di realizzazione di un formato che resta vincolato al reale. L’obiettivo è stato quello di incarnare una storia verosimile, attraverso i sogni e gli incubi di un individuo sradicato.
Raccontare la storia di una donna che vive una vera nostalgia dell’appartenenza, è anche un omaggio al sentimento ungarettiano del volere trovare un terreno caldo sul quale attecchire».